mercoledì 27 gennaio 2010

Devo subito dire che ho uno strano modo di "selezionare" i ricordi.

Un pò come le persone anziane, ricordo benissimo particolari insignificanti, mentre (con grande sconcerto di persone che hanno condiviso con me eventi che sembravano eccezionali), riservo ai punti di svolta della mia vita solo confusi e labili ricordi.

Filtro la memoria in base alle emozioni.


Di solito, a 19 anni si pensa a divertirsi.
Io, a 19 anni, volevo andare a Gerusalemme.


Di tutti i viaggi che avevo fatto fino a quel momento, la città di Gerusalemme è stato il luogo che più ha inciso nella mia Immaginazione e nel mio cuore.

Si dice che ogni pietra parli a Gerusalemme.
A me, parlarono i resti della sinagoga di Cafarnao. Boh, non so perchè, scoppiai a piangere come se qualcuno avesse sciolto nel mio cuore un nodo che non lasciasse passare aria.

E mi parlò anche il Memoriale dei Bambini allo Yad Vashem.

Una grande stanza in penombra. Silenzio.
E poi una voce che faceva l'appello dei bambini.
Un appello lunghissimo, interminabile.
Ogni bambino chiamato rispondeva non con la mano alzata e chiassosa dei mociosetti a scuola,
ma con il suo sguardo, muto, diretto, accecante
della propria immagine proiettata sul muro.




E poi, un coro di fiammelle che danzavano in alto, sempre più in alto, in una bellissima disposizione armonica, geometrica, lenta, ascendente.



Alle fronde dei salici
di Salvatore Quasimodo


E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull'erba dura di ghiaccio, al lamento
d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso su quel palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano livi al triste vento.


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