Devo dire subito che questo libro di Milan Kundera all'inzio non ha prodotto in me un grande entusiasmo: l'intreccio tra i due filoni "temporali" del racconto (un piccolo viaggio dello scrittore-protagonista e di sua moglie in un castello dove, nel '700, una dama coinvolgeva il marito, l'amante n.1 e l'amante n.2, in brevi-lunghe schermaglie amorose) non mi sembrava che servisse alla "causa" del romanzo.
Ma, siccome io sostengo i libri che leggo, sempre e comunque, come creature indipendenti persino dallo stesso autore, e siccome spesso queste creature impiantano nella nostra memoria dei semini (alcune parole, frasi) che germogliano con il tempo, voglio sottolineare due elementi rimasti nella mia memoria.
-Il titolo,"La lentezza"...Kundera lega il concetto di lentezza alla memoria, utilizzando due equazioni della matematica esistenzialista:“C’è un legame stretto tra lentezza e memoria, tra velocità e oblio… Nella matematica esistenziale questa esperienza assume la forma di due equazioni elementari: il grado di lentezza è direttamente proporzionale all’intensità della memoria, il grado di velocità è direttamente proporzionale all’intensità dell’oblio”.
-Il personaggio del Prof. entomologo che, scopritore di una nuova varietà di mosche, sente un senso di fierezza profonda (nonostante tutti sbaglino sempre a pronunciare il suo cognome impronunciabile) per aver fatto parte della Storia con la "S"maiuscola del suo paese all'Est, sempre confuso con qualche altro paese dell'Est, mi ha portato a riflettere sul fatto che alcune esperienze che percepiamo "epocali" per la nostra vita, e che ci aspettiamo che vengano apprezzate come tali anche dagli altri, perdono il loro alone quando vengono raccontate, quando escono dalla nostra memoria per incontrare un uditorio attento solo per brevi momenti.
2 commenti:
Sarà allora perchè siamo sempre di corsa che finiamo per non ricordare nulla...
Kundera... Il mio preferito autore. Ha scritto quello che volevo scrivere io :)
Ho letto quasi tutti i suoi libri, mi mancano ancora pochi, tra i quali questo, ma non ancora per lungo.
Purtroppo e per fortuna, la maggior parte del tempo siamo superficiali. Il non immedesimarsi nell'altro ci permette di vivere le proprie peripezie cosi' intensamente. Ed e' giusto cosi'. Sarebbe un caos universale se fossimo superficiali per le proprie facende e troppo dedicati a quelle degli altri.
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