domenica 23 maggio 2010

AL Dott. Augusto MINZOLINI

Al CDR
p.c. Dott. Paolo GARIMBERTI
p.c. Prof. Mauro MASI
p.c. Dott. Luciano FLUSSI

Caro direttore,

ti chiedo di essere sollevata dalla mansione di conduttrice dell’edizione delle 20 del TG1, essendosi determinata una situazione che non mi consente di svolgere questo compito senza pregiudizio per le mie convinzioni professionali. Questa e’ per me una scelta difficile, ma obbligata. Considero la linea editoriale che hai voluto imprimere al giornale una sorta di dirottamento, a causa del quale il TG1 rischia di schiantarsi contro una definitiva perdita di credibilita’ nei confronti dei telespettatori. Come ha detto il presidente della Commissione di Vigilanza RAI Sergio Zavoli : “la piu’grande testata italiana, rinunciando alla sua tradizionale struttura ha visto trasformare insieme con la sua identita’, parte dell’ascolto tradizionale”.Amo questo giornale, dove lavoro da 21 anni. Perche’ e’ un grande giornale. E’ stato il giornale di Vespa, Frajese, Longhi, Morrione, Fava, Giuntella. Il giornale delle culture diverse, delle idee diverse. Le conteneva tutte, era questa la sua ricchezza. Era il loro giornale, il nostro giornale. Anche dei colleghi che hai rimosso dai loro incarichi e di molti altri qui dentro che sono stati emarginati.

Questo e’ il giornale che ha sempre parlato a tutto il Paese. Il giornale degli italiani. Il giornale che ha dato voce a tutte le voci. Non e’ mai stato il giornale di una voce sola. Oggi l’informazione del TG1 e’ un’informazione parziale e di parte.Dov’e’ il paese reale? Dove sono le donne della vita reale? Quelle che devono aspettare mesi per una mammografia, se non possono pagarla? Quelle coi salari peggiori d’Europa, quelle che fanno fatica ogni giorno ad andare avanti perche’ negli asili nido non c’e’ posto per tutti i nostri figli?Devono farsi levare il sangue e morire per avere l’onore di un nostro titolo. E dove sono le donne e gli uomini che hanno perso il lavoro? Un milione di persone, dietro alle quali ci sono le loro famiglie. Dove sono i giovani, per la prima volta con un futuro peggiore dei padri? E i quarantenni ancora precari, a 800 euro al mese, che non possono comprare neanche un divano, figuriamoci mettere al mondo un figlio? E dove sono i cassintegrati dell’Alitalia? Che fine hanno fatto? E le centinaia di aziende che chiudono e gli imprenditori del nord est che si tolgono la vita perche’ falliti?Dov’e’ questa Italia che abbiamo il dovere di raccontare? Quell’Italia esiste. Ma il tg1 l’ha eliminata. Anche io compro la carta igienica per mia figlia che frequenta la prima elementare in una scuola pubblica. Ma la sera, nel TG1 delle 20, diamo spazio solo ai ministri Gelmini e Brunetta che presentano il nuovo grande progetto per la digitalizzazione della scuola, compreso di lavagna interattiva multimediale.

L’Italia che vive una drammatica crisi sociale e’ finita nel binario morto della nostra indifferenza. Schiacciata tra un’informazione di parte - un editoriale sulla giustizia, uno contro i pentiti di mafia, un altro sull’inchiesta di Trani nel quale hai affermato di non essere indagato, smentito dai fatti il giorno dopo - e l’infotainment quotidiano: da quante volte occorre lavarsi le mani ogni giorno, alla caccia al coccodrillo nel lago, alle mutande antiscippo. Una scelta editoriale con la quale stiamo arricchendo le sceneggiature dei programmi di satira e impoverendo la nostra reputazione di primo giornale del servizio pubblico della piu’ importante azienda culturale del Paese. Oltre che i cittadini, ne fanno le spese tanti bravi colleghi che potrebbero dedicarsi con maggiore soddisfazione a ben altre inchieste di piu’ alto profilo e interesse generale. Un giornalista ha un unico strumento per difendere le proprie convinzioni professionali: levare al pezzo la propria firma. Un conduttore, una conduttrice, puo’ soltanto levare la propria faccia, a questo punto. Nell’affidamento dei telespettatori e’ infatti al conduttore che viene ricollegata la notizia. E’ lui che ricopre primariamente il ruolo di garante del rapporto di fiducia che sussiste con i telespettatori. I fatti dell’Aquila ne sono stata la prova. Quando centinaia di persone hanno inveito contro la troupe che guidavo al grido di vergogna e scodinzolini, ho capito che quel rapporto di fiducia che ci ha sempre legato al nostro pubblico era davvero compromesso. E’ quello che accade quando si privilegia la comunicazione all’informazione, la propaganda alla verifica. Un’ultima annotazione piu’ personale. Ho fatto dell’onesta’ e della lealta’ lo stile della mia vita e della mia professione. Dissentire non e’ tradire. Non rammento chi lo ha detto recentemente.

Pertanto:1) respingo l’accusa di avere avuto un comportamento scorretto. Le critiche che ho espresso pubblicamente - ricordo che si tratta di un mio diritto oltre che di un dovere essendo una consigliera della FNSI - le avevo gia’ mosse anche nelle riunioni di sommario e a te, personalmente. Con spirito di leale collaborazione, pensando che in un lavoro come il nostro la circolazione delle idee e la pluralita’ delle opinioni costituisca un arricchimento. Per questo ho continuato a condurre in questi mesi. Ma e’ palese che non c’e’ piu’ alcuno spazio per la dialettica democratica al TG1. Sono i tempi del pensiero unico. Chi non ci sta e’ fuori, prima o dopo.

2) Respingo l’accusa che mi e’ stata mossa di sputare nel piatto in cui mangio. Ricordo che la pietanza e’ quella di un semplice inviato, che chiede semplicemente che quel piatto contenga gli ingredienti giusti. Tutti e onesti. E tengo a precisare di avere sempre rifiutato compensi fuori dalla Rai, lautamente offerti dalle grandi aziende per i volti chiamati a presentare le loro conventions, ritenendo che un giornalista del servizio pubblico non debba trarre profitto dal proprio ruolo.

3) Respingo come offensive le affermazioni contenute nella tua lettera dopo l’intervista rilasciata a Repubblica, lettera nella quale hai sollecitato all’azienda un provvedimento disciplinare nei miei confronti: mi hai accusato di “danneggiare il giornale per cui lavoro”, con le mie dichiarazioni sui dati d’ascolto. I dati resi pubblici hanno confermato quelle dichiarazioni. Trovo inoltre paradossale la tua considerazione seguente: “il tg1 dara’ conto delle posizioni delle minoranze ma non stravolgera’ i fatti in ossequio a campagne ideologiche”. Posso dirti che l’unica campagna a cui mi dedico e’ quella dove trascorro i week end con la famiglia. Spero tu possa dire altrettanto. Viceversa ho notato come non si sia levata una tua parola contro la violenta campagna diffamatoria che i quotidiani Il Giornale, Libero e il settimanale Panorama - anche utilizzando impropriamente corrispondenza aziendale a me diretta - hanno scatenato nei miei confronti in seguito alle mie critiche alla tua linea editoriale. Un attacco a orologeria: screditare subito chi dissente per indebolire la valenza delle sue affermazioni. Sono stata definita “tosa ciacolante - ragazza chiacchierona - cronista senza cronaca, editorialista senza editoriali” e via di questo passo. Non e’ cio’ che mi disse il Presidente Ciampi consegnandomi il Premio Saint Vincent di giornalismo, al Quirinale. A queste vigliaccate rispondera’ il mio legale.

Ma sappi che non e’ certo per questo che lascio la conduzione delle 20. Thomas Bernhard in Antichi Maestri scrive decine di volte una parola che amo molto: rispetto.Non di ammirazione viviamo,dice, ma e’ di rispetto che abbiamo bisogno.Caro direttore, credo che occorra maggiore rispetto. Per le notizie, per il pubblico, per la verita’. Quello che nutro per la storia del TG1, per la mia azienda, mi porta a questa decisione. Il rispetto per i telespettatori, nostri unici referenti. Dovremmo ricordarlo sempre. Anche tu ne avresti il dovere.

Marialuisa Busi

Roma, 20 maggio 2010

Che cosa ci fanno una siciliana, una pugliese, un nigeriano nel bel mezzo di un gruppo di rumeni scatenati? Ma che domande! Ballano, ovvio!
A parte l'incipit di questo post che fa ricordare una barzelletta tipica (c'erano un italiano, un inglese ed un tedesco...), volevo parlarvi della bella esperienza che mi è capitato di vivere sabato scorso.
In una delle tipiche sagre padovane (ogni chiesa di ogni quartiere della città ha la sua sagra), c'è stata la serata con le musiche tradizionali: quest'anno si esibivano i cantanti senegalesi con i loro gospel e un duo rumeno con le canzoni popolari che hanno fatto ballare centinaia di persone.
In particolare, queste ultime danze mi hanno molto colpito.
La danza in cerchio, un cerchio a cui si aggiungevano sempre più persone, il cui movimento diventava vorticoso, con i tipici fischi di incitazione di una danza sempre più coinvolgente, ci hanno fatto ricordare le tarantelle oppure i balli tradizionali siciliani, per non parlare delle antiche danze ebraiche.
Ho provato una sensazione di assoluta semplicità, calore e divertimento, tanto che, quando ci siamo seduti ad un tavolo occupato da rumeni per partecipare di più alla sensazione goliardica che la danza stava producendo in quel momento, nessuno si è sentito estraneo.
Ho riflettuto su come le tradizioni dei popoli accomunino le persone più di quanto crediamo.
L'obiettivo è dunque preservarle, perchè esse nascono da una sapienza umana comune, che unisce la grande "famiglia umana" (bellissima espressione di Giovanni Paolo II), più di quanto la differenzi.

venerdì 21 maggio 2010


Ho voglia di tempo
puro
liquido
caldo

che grondi su di me
come una pioggia di mare
mi afferri le caviglie e mi trascini con se
in un viaggio al di la del mio essere terreno


martedì 11 maggio 2010

Nell'ultimo anno, il trend dei suicidi nelle carceri italiane risulta in continua crescita.
Il sovraffollamento e il degrado non consentono ai detenuti dicoltivare alcun tipo di speranza, e molti di loro non resistono ad una prigionia mentale e fisica.

In questo trend negativo, spicca come record positivo nel panorama penitenziario italiano l'esperienza del carcere Due Palazzi di Padova.

All'interno dell'istituto di correzione infatti, grazie ai progetti elaboratidalla Coop. Giotto, ci sono 80 detenuti-lavoratori.

La funzione del lavoro attivo produce risultati davvero sorprendenti:mediamente il 70% degli ex detenuti, una volta usciti, commette reati.La percentuale si abbassa al 20% per coloro che hanno usufruito di misurealternative, e a (udite udite) meno dell'1% per chi ha iniziato a lavorarein carcere.

I detenuti in Italia sono attualmente 66.000. 13.000 sono coloro che lavorano secondo un programma assistito.Solo 750 quelli che lavorano in coopeative che si muovono secondo una logica di mercato.

Come dicevo prima, spicca l'esperienza del carcere di Due Palazzi,dove i detenuti ricevono 900 euro al mese (con i quali possono anchesostenere le famiglie fuori) per assemblare le valigie di Roncato,i gioielli di Morellato, le businesskey Infocert, le biciclette Torpado oppure lavorano per il call center dell'Asl di Padova o per Fastweb.

La possibilità di ritrovare speranza e dignità attraverso il lavoro è fondamentale per tutti, soprattutto per chi sa che la pena non finirà mai .


lunedì 10 maggio 2010


Come possiamo dire di amare una persona
se non ci accorgiamo dei cambiamenti che sta vivendo...
se non sentiamo il suo essere assente, anche se è fisicamente presente...
se ci trascuriamo, ci imbruttiamo, ci dimentichiamo di alimentare il rapporto con il dialogo, privandolo delle accuse dovute alle tensioni accumulate e arricchendolo dell'amore, della dolcezza, della considerazione per l'altro per ciò che è nella nostra vita e non per ciò che vorremo che fosse...???????????


Il Rapporto dell'organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo)ci informa che ben 215 milioni di bambini sono costretti a lavorare.Di questi, 115 milioni sono impiegati in attività pericolose come servitù per debiti, prostituzione e lavoro nelle miniere.
Nel quadriennio dal 2004 al 2008, si è rilevato un calo del 3% del lavoro minorile, soprattutto femminile.
Se i bambini dai 5 ai 14 anni sono diminuiti del 10%,i ragazzi dai 15 ai 17 anni sono aumentati di 10 milioni.
I paesi in cui il lavoro minorile è più diffuso sono l'Asia e l'Africa subsahariana. Ovviamente non a caso,dal momento che la povertà e la mancanza di un lavoro adeguato pergli adulti, comportano che tutte le braccia possibili vengano impiegate soprattutto nei lavori agricoli. Fossero anche quelle dei bambini.
L'ILO segnala una forte preoccupazione che la crisi attuale possa far diminuire i tentativi di ridurre il lavoro minorile, almeno nelle sue forme peggiori (obiettivo prefissato per il 2016)
Le ricette prescritte in questa situazione globale e cancerogena riguardano la possibilità di fornire un'struzione scolastica ai bambini e lo sviluppo di un sistema di protezione sociale per le famiglie più vulnerabili.
Un dato sconcertante (se gli altri non vi hanno ancora sconcertato)è che il costo per l'eliminazione del lavoro minorile nel mondo richiederebbe molto meno dei 10.000 miliardi stanziati pr salvarele banche degli Stati Uniti e Regno Unito, durante la crisi economica.

domenica 9 maggio 2010

Fare l'Integrazione è maledettamente difficile. Bisogna essere preparati come educatori a non riversare la frustrazione per i fallimenti su coloro stessi che si vogliono educare.
E' necessario trasformare la difficoltà naturale nel modificare lo status quo, in forza di comunicazione.

Questo è l'intento del film "Freedom Writers". Nato dall'esperienza formativa della prof.ssa Erin Gruwell, la quale decise di insegnare presso la Woodrow Wilson High School di Long Beach, California,dove era in atto un programma di Integrazione Multiculturale.

Ancora una volta, si sottolinea come l'istruzione possa rappresentare lo strumento del cambiamento. Ma non un'istruzione di vecchio stampo.
Si perchè la comprensenza in una stessa classe di persone di etnie diverse (e spesso anche in lotta tra loro), non consente di appoggiarsi su un linguaggio di tipo tradizionale.
I modelli educativi si devono sviluppare, anche inglobando un nuovo linguaggio universale, che accomuni pur nella diversità.

Nella mia ricerca sui film che riguardano l'Integrazione Multiculturale, non poteva mancare Freedom Writers, anche per il potere di cambiamento attribuito alla scrittura.

Ognuno dei ragazzi presenti al corso della Gruwell, infatti, hanno ricevuto un diario (sulle orme del diario di Anna Frank) da scrivere giornalmente per raccontare le loro storie.

Lo scrivere la propria esperienza di dolore ha permesso a questi ragazzi di uscire fuori dal proprio dolore,confrontandosi in maniera quasi oggettiva con la loro vita.


Eccoli i ragazzi del corso di Erin Gruwell, i quali hanno poi fondato con la loro stessa insegnante una Fondazione, affinchè la loro esperienza positiva non rimanesse isolata.
Una piccola critica relativa ai distributori del film: la pellicola è stata distrubuita solo in home video in Italia.
Mentre film come questi, dovrebbero girare in quante più sale possibili, generare dibattiti e confronti.
In Italia, infatti, il problema dell'Integrazione è ancora molto giovane, rispetto agli States.
Si, ma le dinamiche rimangono le stesse.
Quindi, dobbiamo imparare da chi ci è già passato, e può fornire nuovi spunti educativi.
Guardatelo, se lo trovate (altrimenti scrivetemi!)

giovedì 6 maggio 2010









Torna in esposizione, dopo 25 anni, Ritratto della Signora Cragnolini Fanna di Umberto Boccioni
(il primo in alto...)
Il dipinto verra' presentato dopodomani dalle 19. alle 21 durante un'esclusiva serata ad inviti presso la Galleria Russo di Roma, in via Alibert 20.

martedì 4 maggio 2010


Abbandonata la mente sugli allori
rinnovati dalle tue parole leggiadre
...Non riconosco più il senso del vivere comune
Mi rincresce lasciarle scorrere
ma...arrestarle mi divora
 

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